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Note biografiche di Claudio Claudi

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«L’unico modo di rispettare l’uomo è di vedere in esso una reale essenza divina, l’unico modo di amarlo volere che questa essenza si manifesti» Anatra Mandarina
«Una sola passione è rispettabile: quella della verità» Anatra Mandarina

Claudio Claudi nasce a Serrapetrona il 19 maggio 1914. Terminati gli studi liceali a Perugia, Claudi era destinato a frequentare la Facoltà di Farmacia di Camerino, ma l’incontro con il professor Gaetano Chiavacci, originario di San Severino Marche e prossimo vicedirettore della Normale di Pisa, cambiò il suo destino professionale. Chiavacci parlò con Adolfo, padre di Claudio, convincendolo a lasciare che il figlio affrontasse l’esame di accesso alla prestigiosa Scuola; nel caso di insuccesso, sarebbe diventato farmacista e avrebbe affiancato il padre nella gestione della locale farmacia di San Severino Marche. Vinto il concorso da convittore interno per la classe di lettere, Claudi entrò alla Normale nel novembre 1932.

Nel marzo dell’anno successivo la direzione della Normale non permise lo svolgimento di alcune attività organizzate per festeggiare ed accogliere le nuove matricole. La risposta degli studenti fu quella di allestire durante la notte un finto “funerale della libertà”. Claudi ammise di aver partecipato in notturna a tali manifestazioni e venne espulso dalla Scuola assieme ad altri otto studenti. Dopo questo increscioso avvenimento, sua madre Anna si recò a Pisa per sistemare la situazione del figlio. Vittorio Claudi in una sua lettera ricorda che la madre Anna, andò a Pisa e come «una tigre in difesa dei figli, affrontò Gentile rimproverandolo di aver messo fuori Claudio, ragazzo diciassettenne, senza avvertire la famiglia. Nell’atto di andarsene mia madre pronunciò: “Iddio la punirà!”. Il viso di Gentile, in piedi, si contrasse in una smorfia che mia madre descrisse come se avesse avuto una coltellata nella pancia». Claudio in seguito fu riammesso nella Normale, ma dopo qualche giorno lasciò la scuola e proseguì gli studi a Firenze.

Claudi non volendo pesare sulle finanze della famiglia, si sistemò in una stanza molto modesta vicina all’Università, dove abitavano anche altri studenti, tra cui Giuseppe Dessì. Scrive Dessì: «le padrone di casa erano due vecchie signorine con le quali litigavamo continuamente. Claudio non frequentava le lezioni. Ammucchiava libri nella sua tana, si ritirava tardissimo al mattino, fumava continuamente e studiava il violino producendo stridori insopportabili. Inutilmente le due vecchiette bussavano alla mia porta. Pregavano me di chiamarlo, e quando riuscivo a fargli aprire la porta nuvole di fumo si riversavano fuori dalla stanza buia. Le vecchie avrebbero voluto aprire le finestre, ma Claudio si opponeva urlando». Dessì descrive Claudi come «un ragazzo buono, generoso e infelice» giudicando invece la madre «fatua ed egoista, ignara dell’angoscia in cui viveva il figlio, che si vergognava di lei, pur amandola sopra ogni cosa al mondo». Claudi secondo Dessì era il «tipo classico del “genio e sregolatezza” e non combinava nulla». Le sue poesie, continua Dessì, «erano per lo più come le sue notti, le sue giornate sconclusionate, piene di ineffabile, inattesa dolcezza o di improvvisi stridori di violinista principiante»

Uscito dalla Normale, nel Novembre del 1934 frequenta l’Università di Firenze dove redigerà una tesi sulla presenza del divino nella poesia di Giovanni Pascoli sotto la guida di Arnaldo Momigliano. Nello stesso periodo partecipa attivamente al circolo letterario “Le Giubbe Rosse” in compagnia costante di Mario Luzi, Alfonso Gatto e Sergio Baldi. Legato sentimentalmente a Imelde Della Valle (successivamente docente di Sanscrito all’Univer­sità di Philadelphia), suo tramite tornò in contatto con Aldo Capitini già frequentato a Perugia, rimosso anch’egli dalla Normale per aver rifiutato la tessera del Pnf. Sarà grazie al rapporto con Imelde Della Valle, allieva dell’orientalista Giuseppe Tucci e studiosa delle culture orientali, che Claudi viene iniziato allo studio delle filosofie orientali.

Claudio era di carattere estremamente complesso e molto solitario, conducendo una vita costellata di amarezze, delusioni e sofferenze fisiche. Dopo l’Università si mantiene, finché la salute glielo consente, facendo il professore di Liceo vicino Firenze, a Sassari e a Macerata. Nel 1939 nella città marchigiana viene accusato da tre vescovi di insegnare principi in contrasto con la confessione cattolica. Negli stessi anni contrae probabilmente la TBC che non riuscirà mai a curare e che, ricomparsa nel 1957, lo costringerà a continui ricoveri in cliniche e sanatori.

Nel primo periodo romano, subito dopo la guerra, Claudi entra nel giro della Casa Rossa di Peppino Mazzullo, alla periferia di Roma, frequentata abitualmente da pittori, scultori, giornalisti e scrittori. In un articolo del 2 maggio 1947 sul settimanale illustrato Il Commento si vede Claudi in una foto insieme a Natili, Stradone, Melli e lo stesso Mazzullo. L’autore dell’articolo, il giornalista e scrittore Giuseppe Gironda lo cita come abituale frequentatore della casa, insieme a Ungaretti, Sinisgalli, Zavattini, Ciarletta e Sebastiano Carta. In questo stesso periodo svolge un’intensa attività come critico d’arte e di letteratura. Oltre alla frequentazioni di questi circoli, il salotto di casa Claudi diventerà un punto di riferimento per vari intellettuali ed artisti romani in cui possiamo annoverare Sante Monachesi e Sebastiano Carta. Quest’ultimo cita espressamente il salotto di casa Claudi in una poesia dedicata a Corrado Cagli: «A quei tempi andavamo con Claudio e Piero / A scoprire un’infanzia oltre i cieli e il vento. / Era la nostra inconfondibile voce». Agli anni Quaranta risale la sua unica opera stampata in vita, una plaquette di riflessioni filosofiche intitolate Lettere tibetane, che hanno tiratura limitata e diffusione privatissima. Nel 1954 riceve un rifiuto da Renato Solmi dell’Einaudi per una raccolta del medesimo tenore, che lo induce a rinunciare per sempre all’impresa di pubblicare. Postuma è invece l’antologia di poesie (composte fra il 1950 e il 1968) che Giacinto Spagnoletti, con spirito di profonda amicizia, ha curato nel 1973 per la Rebellato di Padova. Nel 1972, all’indomani della morte, è uscita la plaquette Omaggio a Claudio Claudi poeta che raccoglie pensieri e ricordi degli amici Werther Angelini, Rosario Assunto, Guglielmo Cascino, Nicola Ciarletta, Libero de Libero, A. G. Ferrara, Jean-Claude Ibert, Leo Magnino, Paolo Marletta, Ercole Patti, Guglielmo Petroni, Marino Piazzolla, Leonardo Sinisgalli, Giuseppe Tucci.

La biografia di Claudi è caratterizzata dalla continua presenza della malattia. La sua vita può essere considerata un lungo calvario fisico e spirituale, scandito dai soggiorni di cura in Valtellina, a Napoli e dai ripetuti ricoveri nella clinica di famiglia a Roma. Le lunghe peregrinazioni hanno segnato la vita di Claudio costringendolo ad un progressivo allontanamento dalla mondanità e dagli affetti. La sua vita è scandita da una lunga lotta tra la vita e la morte, tra la luce della salute e il buio della malattia, dominata però, come egli stesso scrive nell’Anatra Mandarina, da un’unica passione: «Una sola passione è rispettabile: quella della verità».

Claudio Claudi si spegne a Roma nel 2 maggio del 1972 dopo anni di sofferenza e malattia, testimoniati all’amarezza e dalla passione della sua opera letteraria e filosofica.