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2016 – Relazione del Prof. Mario Giannella, già Rettore dell’Università di Camerino.

Presentazione del libro

“Vittorio Claudi. Vivere con semplicità, pensare con grandezza”

 

Come sicuramente sapete il titolo attribuito ai  Rettori delle Università è “Magnifico”, titolo che si conserva anche una volta cessato il mandato o, addirittura, a seguito di collocamento in pensione. Questo può determinare in varie occasioni uno po’ di imbarazzo quando non ci si sente adeguati ad un titolo così fileminimizer-img_0864impegnativo. E’ la situazione in cui mi trovo stasera, chiamato dal caro amico Gregoretti a parlare di Vittorio Claudi che, colpevolmente, non conoscevo. E’ stato Luciano a presentarmelo e gli sono molto grato perché conosco finalmente un uomo illustre che posso considerare mio vicino di casa vista la breve distanza che separa la città di Serrapetrona da Camerino e i collegamenti che la sua famiglia e lui stesso hanno avuto con Camerino.

Leggendo la sua biografia appare particolarmente vivace l’ambiente in cui nasce e trascorre gli anni della sua giovinezza prima di trasferirsi a Roma nel 1939 per iscriversi alla facoltà di Medicina e Chirurgia. Il padre Adolfo, farmacista laureato a Camerino e operante a San Severino, la madre Anna pittrice: un intrigante connubio tra scienza (la chimica, la biologia, la salute) e l’arte (il figurativo, il ritratto, l’affresco,  il naive in cui Anna merita da parte del gallerista milanese Cairola il titolo di  regina). Un’arte quella pittorica, tra l’altro, molto amata dai farmacisti e che si ammira nell’arredo di molte farmacie o all’interno delle rispettive abitazioni se si ha l’opportunità di frequentarle. Forse perché, esprimo probabilmente un giudizio molto azzardato, nel corso degli studi, specialmente nei laboratori chimici, si ha una lunga frequentazione con i colori la cui equilibrata combinazione definisce in molti casi il risultato di un esperimento!

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Inoltre in famiglia, oltre all’amata sorella Dina, bella e affascinata da una vita libera da impegni vincolanti, portata ad ammirare l’arte più che a praticarla, c’è un altro artista, il fratello Claudio filosofo e poeta; anche lui perciò disegnatore con le parole di stati d’animo, sentimenti e aspirazioni. In questa famiglia si realizza con naturalezza quello che Gregoretti nell’allestimento della mostra di metà giugno in questa stessa sede  ha chiamato “Unendo le arti”.

 

Una gioventù tra studio e lavoro quella di Vittorio che già a nove anni aiuta il padre in farmacia con un impegno per quattro pomeriggi alla settimana e la domenica a settimane alterne. Brillante la sua carriera universitaria con la laurea conseguita con ottimi voti in cinque anni, nonostante la guerra e l’espletamento per sedici mesi del servizio militare nel settore sanitario. Si distingue subito lavorando in equipe con noti professori di Clinica Chirugica e di Fisiologia e a soli 28 anni diviene responsabile del reparto radiodiagnostica della Clinica Villa Bianca Maria a Roma. Una clinica che la madre, trasferitasi anche lei col figlio a Roma, acquista e gestisce insieme ad importanti medici romani. Anni difficili quelli del corso degli studi e postlaurea, vissuti anche pericolosamente essendo divenuta la Clinica, oltre che qualificata struttura ospedaliera,  luogo di sostegno all’attività partigiana in appoggio ad ufficiali facenti parte del Fronte Clandestino di Resistenza, alcuni dei quali finiranno fucilati dai nazisti e luogo di soccorso continuo prestato agli ebrei romani dall’allora monsignor Montini con il quale la signora Anna aveva frequenti contatti.fileminimizer-img_0848

Anche in questi drammatici frangenti i valori morali ed etici che informeranno tutta la vita di Vittorio lo inducevano ad anteporre al pericolo l’aiuto per il prossimo secondo quella espressione riportata nel testo che ci viene presentato stasera e cioè “E’ il passato che ci impone di lottare per la salvezza del genere umano anche a costo della propria vita”. Il passato che non va dimenticato ma ripercorso anche criticamente se si vuole veramente arrivare ad un nuovo modo di pensare e di agire.

Quanto lontano questo suo modo di pensare e di agire da quello del fratello Claudio che negli ultimi, tormentati anni della sua vita scriverà “La vita è tremenda e perciò appunto ama dimenticare. Guai se essa fosse priva di questa capacità quasi illimitata di oblio. Carica dei terribili fantasmi si estinguerebbe nell’angoscia della consapevolezza. E perciò ricordare è quasi atto contro natura, certamente non consona all’esistenza”.

 

Nel frattempo Vittorio, divenuto uno dei più noti e stimati rappresentanti del mondo sanitario romano tra gli anni ‘50 e ‘60, decide nel 1966 di abbandonare la professione e di dedicarsi completamente alla ricerca applicata nel campo delle apparecchiature ospedaliere e sanitarie con la creazione della Società Iniziative Industriali Pomezia SpA. Sono gli anni del boom industriale, con una Italia che con coraggio e spirito di sacrificio cerca di risanare le dolorose ferite della guerra. Ho vissuto anche io quegli anni, sia pure in luoghi e con responsabilità diverse, e la grande forza che ci animava era quella di credere in un futuro migliore; avevamo un futuro che invece, drammaticamente,  sembra mancare del tutto alle generazioni attuali!

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In questo straordinario tipo di attività il dottor Vittorio ripercorre in qualche modo le orme del padre Adolfo per il quale il mestiere di farmacista non era semplicemente limitato alla vendita di medicinali ma alla creazione di prodotti e allo sviluppo di innovazioni tecniche sia in ambito medico che farmacologico (il vaporizzatore Xaire antesignano del moderno Aerosol, il gocciometro per analisi chimiche, l’olio acidimetro). Probabilmente è nel laboratorio galenico del padre oltre che all’interno della famiglia che nasce quello spirito imprenditoriale e creativo che diverrà un carattere distintivo della personalità di Vittorio. Il lavoro inteso come occasione di crescita e sviluppo umano e, nelle fasi post-belliche (la prima guerra mondiale per il padre, la seconda per il figlio), anche come contributo alla ricostruzione del paese e all’offerta alla società di concrete prospettive di progresso e di benessere.

Dalla fertile intelligenza di Vittorio e dall’operosità dei suoi collaboratori e consulenti nascono le apparecchiature siglate ORION, tutte fatte a mano, pezzo per pezzo, curate nei minimi particolari con la perizia dell’alto artigianato scientifico senza mai raggiungere, volutamente, la produzione industriale che, a suo parere, poteva ridurre la qualità del prodotto finale. E, in genere, con un occhio rivolto a quei settori privi di idonee apparecchiature o per i quali erano disponibili solo attrezzature poco efficienti.

La produzione della IIP guidata dal dottor Vittorio che, da professionista sanitario si trasforma in manager imprenditoriale, inizia con una attenzione particolare verso quella che era una delle più pressanti difficoltà del chirurgo e cioè la sterilizzazione dei ferri chirurgici. Ecco allora apparire i primi sistemi di sterilizzazione a bassa temperatura sotto vuoto e le apparecchiature per la sterilizzazione a vapore o quelle per la diagnostica strumentale e radiologica (la prima autoclave viene prodotta secondo il brevetto datato 15 luglio 1970); successivamente le camere operatorie per la chirurgia “Image guided”; i tavoli operatori radiotrasparenti telecomandati da una centralina, consolle, e che possono assumere diverse versioni (tronco angolabile, urologica, neurochirurgica, ortopedico-traumatologica, cardiochirurgica); il letto da parto Ancestral e quello per la Terapia intensiva. Sono del 1979 i primi esperimenti di strutture sanitarie mobili per le situazioni di emergenza con le quali si capovolge il principio che non è più il paziente che va verso un Pronto Soccorso spesso lontano ed inadeguato ma è la camera chirurgica perfettamente attrezzata che va verso il paziente spostandosi sui luoghi delle emergenze. La modularità di tali strutture consente di creare spazi rilevanti dedicabili a sale di degenza o per terapia intensiva, sezioni diagnostiche, logistiche o operatorie perfettamente attrezzate. L’Esercito Italiano, ad esempio, ha realizzato in tal modo un ospedale mobile utilizzato anche dalla popolazione civile in Kosovo o in Grecia mentre la Fondazione Claudi ha donato alla popolazione di Zongo, nel Congo, un grande ospedale operante in una zona completamente priva di strutture sanitarie.fileminimizer-img_0823

Il concetto che ispira il dottor Vittorio in questo lavoro di ricerca applicata al campo delle apparecchiature ospedaliere è che “nessuno poteva concepire e realizzare una apparecchiatura meglio di chi la doveva utilizzare”.

Differente per significato ma per questo non meno importante è la creazione nel 2011 della Fondazione che Vittorio dedica al fratello Claudio e alla madre Anna; essa rappresenta certamente il tentativo di renderne duratura la memoria nel tempo ma anche la nobile intenzione di consentire lo svolgimento di attività di formazione e aggiornamento a favore di docenti delle scuole e di favorire tramite le sue molteplici iniziative una significativa e, direi, sempre più necessaria crescita culturale della società civile.

Questa ultima opera di Vittorio appare ai miei occhi anche come il generoso tentativo di tramandare della vita dei Claudi un codice di lettura ben diverso da quella immagine di triste solitudine ed angosciante pessimismo del fratello maggiore e che coinvolgerà anche la madre la cui fantasia fatta di sogni e trepidazioni, così come appare nei suoi dipinti giovanili, sembra spegnersi a causa delle sventure familiari e dalla sofferenza per la malattia di Claudio.

 

La dedizione di Vittorio Claudi al lavoro, la sua imprenditorialità, la creazione e gestione delle innovazioni da consegnare alle generazioni future mantengono vivo il ricordo dell’uomo che, anche grazie alla Fondazione che ci ospita stasera, continua a vivere col suo esempio e col suo insegnamento. Bello ed estremamente calzante alla figura dell’uomo che celebriamo il titolo della mostra che si inaugura stasera “La poesia delle invenzioni e il riserbo misterioso della bellezza”.

Grazie di avermi fatto conoscere il dottor Vittorio Claudi.

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